Cookie Consent by Free Privacy Policy website Nuove professioni: è il momento dell'Innovation Manager
aprile 30, 2021 - Stati Generali “NUOVO” Mondo Lavoro

Nuove professioni: è il momento dell'Innovation Manager

Chi è, di cosa si occupa, quali competenze ha e quanto guadagna il fautore, ancora poco noto, dell’innovazione aziendale?

Università, centri di ricerca, imprese, istituzioni e manager dell’innovazione hanno fatto il punto in occasione degli #statigeneralinuovomondolavoro.

Torino, 30 aprile 2021_È il perno della svolta digitale su cui si stanno concentrando oggi le aziende, un supporto imprescindibile al cambiamento in atto, propulsore d’innovazione per le imprese. L’Innovation Manager è una figura professionale in grande sviluppo, ma già strategica, anzi, sempre più strategica se si pensa alla prossima gestione dei finanziamenti del #recoveryfund. Ha un ruolo complesso e multidisciplinare, che tuttavia è attualmente ancora privo di un percorso formativo dedicato, questione che potrebbe essere una challenge importante per i prossimi anni. Nonostante ciò, è proprio il manager dell’innovazione il punto di contatto tra il mondo accademico e quello del lavoro, ultimamente al centro di un processo di avvicinamento reciproco. Una sinergia rilevante se si pensa all’assenza nel nostro Paese di grandi istituti di ricerca e sviluppo, particolarità dovuta principalmente al tessuto industriale italiano fatto di piccole e medie imprese.

L’Innovation Manager è l’“evangelista” dell’innovazione dentro e fuori l’impresa, un irrequieto di natura, curioso, creativo, flessibile. Quali competenze gli sono richieste? Tecniche, ingegneristiche, economiche organizzative, gestionali, metodologiche e psicologiche. Tutto questo per occuparsi al meglio del processo d’innovazione aziendale.

Le retribuzioni? Le analisi di Job Pricing parlano di 122.759 euro nel 2020 per un Chief Technology Officer, figura interna alle #digital companies; e di 103.973 euro per un Chief Innovation Officer, che guida invece la trasformazione digitale in aziende tradizionali.

A fare il punto su questo lavoro del futuro, sull’importanza dell’innovazione in generale e sul fondamentale ruolo delle università ci hanno pensato gli Stati Generali “NUOVO” Mondo Lavoro. L’evento, organizzato con il patrocinio dell’Università di Padova, ha raccolto esperienze e visioni di #andreabilli e #antoniocarcaterra, direttore e presidente di Sapienza Innovazione, #paolosandri, colonnello capo ufficio Innovazione dell'Esercito Italiano, Giampiero Astuti, #digital Transformation Project Leader Gruppo Webuild, #antonellachirichiello, Innovation Manager di Leonardo S.p.A., #francostivali, Responsabile #innovazione Ferrovie dello Stato Italiane, #marcogasparri, Innovation Manager Green Network, e #giorgioramenghi, Innovation Manager WINDTRE.

Andrea Billi, dal 2019 direttore di Sapienza Innovazione, il Consorzio per il trasferimento tecnologico e l'innovazione della Sapienza, nato per facilitare il dialogo tra mondo produttivo e accademico. «L’Università oggi ha una grande sfida davanti: riuscire a portare fuori le innovazioni che è in grado di produrre all’interno. Adattandole, spiegandole, divulgandole. Quasi con un’opera di mediazione culturale, necessaria a innestare i due mondi, quello accademico e quello aziendale, entrambi in grande evoluzione. Gli atenei debbono farsi carico non solo di preparare le risorse, ma anche di accompagnarle verso l’esterno. Il livello di competizione nel mondo del lavoro è cresciuto e nella fluidità e velocità attuali non ci sono corpi che agevolino questa intermediazione. Io credo che possano essere proprio le università ad assumersi questo ruolo, se saranno capaci di compiere anche uno sforzo di autotrasformazione.

Con il PNRR abbiamo un’occasione di accelerazione importante per ridisegnare anche il nostro ruolo al di fuori dagli atenei».

Antonio Carcaterra, direttore di Sapienza Innovazione: «La struttura industriale del nostro Paese, incentrata sulle PMI (realtà positive, perché snelle, flessibili etc.), porta però a una mancanza di grandi centri di ricerca e sviluppo, a differenza di quanto accade invece in Paesi come la Francia e la Germania. Il sistema della ricerca italiana può essere quindi il principale alleato del sistema industriale, andando a configurare un’originale soluzione di compromesso tra PMI e ricerca, per produrre innovazione. Oggi un’esigenza tutta italiana è quella di avere dei modelli d’interazione sistematica tra industria e accademia. Che potrebbero essere realizzati proprio grazie alla figura dell’Innovation Manager. La velocità deve essere una prerogativa anche delle università, e può essere messa a punto grazie alla creazione di Hub, come Sapienza Innovazione. Tutto questo per perseguire progetti ambiziosi e difficili, legati anche al Recovery Fund. Ci sono investimenti straordinari, gran parte delle attività è collegata all’innovazione. Questo dovrebbe generare nel #futuro prossimo un’alleanza particolare tra il mondo industriale e quello delle accademie, puntando su Innovation Manager e strutture particolarmente agili, messe a disposizione di atenei, per agevolare e rendere fertile l’incontro».

Col. #paolosandri, capo Ufficio #innovazione dell'Esercito Italiano
«L’innovazione è il pilastro principale delle forze armate, che sono sempre state incubatrici di nuove tecnologie, spesso poi rivelatesi dirompenti nel settore civile. Oggi però assistiamo a un cambio di paradigma: le innovazioni in campo civile stanno anticipando quelle militari, sono più rapide, accessibili e replicabili, anche se più tendenti all’obsolescenza. L’Ufficio #innovazione dell’Esercito Italiano è nato poco più di un anno fa come Hub di professionisti militari proprio per consolidare i rapporti e cooperare con centri di ricerca e università. L’innovazione fine a se stessa non interessa l’ambito militare. La vera sfida per noi è quella di focalizzare idee che abbiano solidità e trasformarle in soluzioni. È un processo di Concept Development & Experimentation che consente di stressare un concetto legato all’introduzione di una nuova #tecnologia in ogni declinazione possibilmente impattante per la nostra organizzazione. Solo al termine di questa sperimentazione e del processo di pianificazione, i concetti diventano acquisizioni, che a questo punto saranno sempre mature e ragionate. Così contraiamo i tempi di ricerca e sviluppo, riduciamo fino quasi ad annullare quelli del fail, per concentrarci solo sul learn e il succeed. La ricerca dell’Esercito Italiano è quindi basata sul bilanciamento del pensiero innovativo e delle best practices davvero fondamentali; un equilibrio che ci consente di affrontare un puntuale processo fattivo e di plasmare al meglio le capacità del #futuro per garantire sempre strumenti affidabili, evoluti e rilevanti in tutti gli ambiti di impiego».

Giampiero Astuti, #digital Transformation Project Leader del Gruppo Webuild

«La figura dell’Innovation Manager è ancora poco conosciuta in Italia, forse perché abbiamo imprese generalmente troppo piccole. È un ruolo che sarà sempre più centrale. Una figura complessa, poliedrica, che deve avere una visione strategica a 360 gradi dell’azienda e dell’ambiente, essere capace di fare costantemente benchmarking rispetto alla competition, cogliere spunti da settori anche molto diversi per valutare nuovi modelli operativi. Deve avere inoltre tutta una serie di competenze tecniche, ma anche di abilità relazionali, doti di leadership, deve essere motivato e motivante, curioso e creativo. E, molto importante, deve saper intercettare i fondi stanziati perché oggi le aziende non possono contare solo sulle proprie forze, ed è fondamentale cogliere aiuti esterni, capacità per cui l’Italia non si è mai distinta. Tra i temi che oggi debbono essere presidiati dall’IM, quello della trasformazione delle aziende in realtà che sappiano affiancare business as usual e #innovazione, utilizzare la cultura come abilitatore e non come freno, studiare il contesto, gli stakeholder e ottenerne commitment, definire le organizzazioni in forma olistica più adatte al contesto e riuscire a creare un vero e proprio ecosistema. Vedo in sintesi il manager dell’innovazione come la pietra angolare che aiuta le aziende ad affrontare un cambiamento radicale come quello che stiamo vivendo e a trarre un grande valore dall’innovazione».

Antonella Chirichiello, Innovation Manager nella Divisione Cyber ​​Security di Leonardo, tra i principali protagonisti mondiali nel settore aerospaziale e Difesa con processi di #innovazione molto strutturati e una spending importante per la ricerca e sviluppo di 1 miliardo e mezzo. «L’Innovation Manager è di natura un irrequieto, con un’enorme curiosità e un’ottima capacità di apprendimento. Deve saper analizzare con spirito critico lo status quo e metterlo in discussione per identificare spazi di miglioramento.

Deve essere un guru delle tecnologie con elevate competenze tecniche e, allo stesso tempo, avare un approccio neutrale. Perché deve fare accadere le cose, facilitare il processo interno, accompagnare l’azienda attraverso metodologie funzionali all’obiettivo finale, su cui poi però saranno le linee di #business a decidere. Quando parliamo di processo d’innovazione dobbiamo pensare a qualcosa di molto strutturato, non solo a qualcosa di creativo. L’obiettivo principale è quello di incanalare, controllare, misurare e rendere sostenibile il processo. Che deve avere inoltre un carattere collaborativo, l’intento generale di creare valore per l’azienda ma anche per l’ambiente l’esterno».

Franco Stivali, Responsabile #innovazione di Ferrovie dello Stato Italiane

«La figura dell’Innovation Manager non può essere immune dall’innovarsi essa stessa: non deve solo guidare lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi prodotti, è ora chiamata a sostenere la capacità stessa di cambiamento di una azienda. Infatti, la continua e sempre più rapida evoluzione tecnologica obbliga le imprese ad accrescere la capacità di modificarsi nell’organizzazione e nella gestione dei processi, mentre, parallelamente, si impone una continua evoluzione delle competenze professionali richieste per affrontare le nuove realtà che si generano. La figura dell’Innovation Manager si trova catapultata al centro di questa sfida. Il suo compito non può più limitarsi a definire, monitorare e migliorare con continuità le attività di #innovazione dell’impresa, ma deve essere il motore che trasforma le aziende e le persone che ci lavorano, sviluppandone la propensione al cambiamento e la capacità di accettazione dei rischi che da questo derivano. La principale competenza del #futuro per un Innovation Manager sarà la capacità di trasformare una impresa che “fa innovazione” in una impresa che “sa essere innovativa”».

Marco Gasparri, Innovation Manager Green Network, tra i principali fornitori di energia elettrica e gas indipendente dal 2003 sul mercato italiano.

«Sono un innovation manager nel settore delle utilities, un ambito delicato e difficile in cui fare #innovazione, in cui non è banale portare soluzioni nuove.

L’innovazione credo innanzi tutto che questa debba essere democratica, con valore quindi non solo per le utilities ma anche e per il cliente. Qualche tempo fa, ad esempio, abbiamo inaugurato un e-commerce di prodotti bio e sostenibili che potesse andare incontro a clienti con questo tipo di sensibilità. L’Innovation Manager è un evangelizzatore perché l’innovazione va raccontata, tanto al di fuori quanto all’interno dell’azienda. Vanno spiegate le potenzialità del mercato e le tecnologie che permettono di portare benefici al cliente, ma anche di lavorare meglio internamente, sgravando le persone da operatività noiose per creare valore aggiunto, intraprendere nuovi progetti di crescita e di sviluppo in altri ambiti».

Giorgio Ramenghi, Innovation Manager di WINDTRE,l'operatore mobile numero uno in Italia e tra i principali gestori alternativi nella connettività fissa:

«In un mercato delle comunicazioni sempre più veloce, capire e anticipare il cambiamento è fondamentale per governare la trasformazione digitale.

Nella nostra azienda, il ruolo dell’Innovation Hub è quello di coordinare i progetti innovativi complessi che coinvolgono diverse funzioni commerciali e tecniche, al fine di massimizzare il risultato ed evitare di disperdere le risorse

In questo momento l’elemento cardine che guida la trasformazione è il 5G, sul quale WINDTRE è ben posizionata grazie all’investimento di 6 miliardi in 5 anni sulla propria rete».